Sunday, April 13, 2014
Saturday, April 5, 2014
Friday, April 4, 2014
"Il casus belli" da @operazionidigov come @radicalparty ha sconfitto la Russia di Putin all'ONU
Capitolo 2
Non credo che potrò mai dimenticare la data del 15 maggio 2000. Era un pomeriggio insolitamente caldo, quando qualcuno si affacciò nella saletta del Partito Radicale con in mano un fax per me. Veniva dal Segretariato del Dipartimento degli affari economici e sociali delle Nazioni Unite e informava che la Federazione russa aveva chiesto che il Partito Radicale Transnazionale fosse espulso dall’Onu perché colpevole di aver fatto parlare alla Commissione per i diritti umani di Ginevra un pericoloso terrorista ceceno di nome Akhyad Idigov.
La ‘saletta’ del Partito Radicale è una stanza al terzo piano di via di Torre Argentina 76 a Roma che ha le stesse funzioni della situation room della Casa Bianca. Personaggi, urgenze o disastri sono sicuramente diversi, ma l’intensità delle riunioni, degli scambi di vedute, delle litigate, delle chiacchiere, delle confidenze e delle calendarizzazioni di obiettivi politici locali o globali è sicuramente paragonabile. Nella saletta non si può non fumare.
Si erano da poco tenute le elezioni regionali in Italia per le quali ero volato da Manhattan a Lodi nel tentativo, riuscito, di presentare la Lista Emma Bonino in tutti i collegi della Lombardia. Contro le più rosee previsioni di chi pensava che l’onda lunga delle elezioni europee del 1999 avrebbe tenuto malgrado tutto e tutti anche per delle elezioni locali, la Lista Bonino era passata da 2.631.205 a 565.298 voti. L’atmosfera, tranne che per il solito indomito e instancabile ottimista Marco Pannella, non era delle migliori, e così rimase per le settimane seguenti. Quel fax contribuì ad aumentare la temperatura della saletta.
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Non credo che potrò mai dimenticare la data del 15 maggio 2000. Era un pomeriggio insolitamente caldo, quando qualcuno si affacciò nella saletta del Partito Radicale con in mano un fax per me. Veniva dal Segretariato del Dipartimento degli affari economici e sociali delle Nazioni Unite e informava che la Federazione russa aveva chiesto che il Partito Radicale Transnazionale fosse espulso dall’Onu perché colpevole di aver fatto parlare alla Commissione per i diritti umani di Ginevra un pericoloso terrorista ceceno di nome Akhyad Idigov.
La ‘saletta’ del Partito Radicale è una stanza al terzo piano di via di Torre Argentina 76 a Roma che ha le stesse funzioni della situation room della Casa Bianca. Personaggi, urgenze o disastri sono sicuramente diversi, ma l’intensità delle riunioni, degli scambi di vedute, delle litigate, delle chiacchiere, delle confidenze e delle calendarizzazioni di obiettivi politici locali o globali è sicuramente paragonabile. Nella saletta non si può non fumare.
Si erano da poco tenute le elezioni regionali in Italia per le quali ero volato da Manhattan a Lodi nel tentativo, riuscito, di presentare la Lista Emma Bonino in tutti i collegi della Lombardia. Contro le più rosee previsioni di chi pensava che l’onda lunga delle elezioni europee del 1999 avrebbe tenuto malgrado tutto e tutti anche per delle elezioni locali, la Lista Bonino era passata da 2.631.205 a 565.298 voti. L’atmosfera, tranne che per il solito indomito e instancabile ottimista Marco Pannella, non era delle migliori, e così rimase per le settimane seguenti. Quel fax contribuì ad aumentare la temperatura della saletta.
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Wednesday, March 26, 2014
dalla postfazione di "Operazione Idigov, come @radicalparty sconfisse la Russia di Putin all'Onu
A metà maggio del 2013 la missione permanente cinese presso le Nazioni unite di New York aveva fatto sapere alla diplomazia italiana, all'epoca guidata dall'Ambasciatore Cesare Maria Ragaglini, che la Repubblica popolare di Cina aveva l'intenzione di iscrivere nell’agenda dell’Ecosoc la possibilità di imputare - per la terza volta - al Partito Radicale fatti gravi che avrebbero potuto legittimarne la sospensione o l'espulsione dal sistema Onu. Le accuse erano relative alla co-sponsorizzazione di alcune attività organizzate nel marzo di quell'anno a Ginevra con uiguri, a cui avevano partecipato anche tibetani, mongoli, rappresentanti della Manciuria, falungong e a intellettuali critici del regime di Pechino che vivono all'estero. Anche io avevo preso la parola alla cerimonia di apertura.
Non appena ricevuta la notizia Marco Panella e Niccolò Figà-Talamanca son volati a New York alla ricerca di un'interlocuzione con la Cina nel momento in cui era stata comunicata una loro "minaccia" di sanzione. Pechino aveva fatto sapere in via confidenziale all'Ambasciatore Ragaglini e ai suoi collaboratori che i Radicali erano di nuovo entrati nell'occhio del ciclone alle Nazinoi unite e che sarebbe stato chiesto loro l'impegno di non promuovere più alcune delle iniziative che negli anni erano state portate avanti con il Dalai Lama e Rebya Kadeer perché ritenute attività a sostegno di gruppi secessionisti che mettono in dubbio la sovranità territoriale della Repubblica Popolare Cinese.
Niente di più lontano da quanto i due leader delle comunità tibetane e uigure chiedono né, naturalmente, niente di più lontano da quanto un Partito federalista, e federalista europeo, come il Partito Radicale propone da anni per consentire il rispetto dei diritti umani e la promozione dello Stato di Diritto democratico. Nel rispondere alla preoccupazioni cinesi a nome del Partito Radicale, Pannella ha tenuto a specificare e a informare Pechino di quale sia la storica proposta politica dei Radicali: operare con una proposta positiva che non sia l'affermazione di un'indipendenza, o tante piccole indipendenze, ma di una riforma più ampia che promuova i diritti individuali che siano goduti non in virtù dell'esistenza di una sovranità nazionale assoluta ma grazie al rispetto dello Stato di Diritto internazionale. Quello Stato di Diritto internazionale che si articola in decine di trattati che codificano i diritti umani storicamente conquistati con lotte nazionali e transnazionali spesso, per l'appunto, nonviolente.
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Non appena ricevuta la notizia Marco Panella e Niccolò Figà-Talamanca son volati a New York alla ricerca di un'interlocuzione con la Cina nel momento in cui era stata comunicata una loro "minaccia" di sanzione. Pechino aveva fatto sapere in via confidenziale all'Ambasciatore Ragaglini e ai suoi collaboratori che i Radicali erano di nuovo entrati nell'occhio del ciclone alle Nazinoi unite e che sarebbe stato chiesto loro l'impegno di non promuovere più alcune delle iniziative che negli anni erano state portate avanti con il Dalai Lama e Rebya Kadeer perché ritenute attività a sostegno di gruppi secessionisti che mettono in dubbio la sovranità territoriale della Repubblica Popolare Cinese.
Niente di più lontano da quanto i due leader delle comunità tibetane e uigure chiedono né, naturalmente, niente di più lontano da quanto un Partito federalista, e federalista europeo, come il Partito Radicale propone da anni per consentire il rispetto dei diritti umani e la promozione dello Stato di Diritto democratico. Nel rispondere alla preoccupazioni cinesi a nome del Partito Radicale, Pannella ha tenuto a specificare e a informare Pechino di quale sia la storica proposta politica dei Radicali: operare con una proposta positiva che non sia l'affermazione di un'indipendenza, o tante piccole indipendenze, ma di una riforma più ampia che promuova i diritti individuali che siano goduti non in virtù dell'esistenza di una sovranità nazionale assoluta ma grazie al rispetto dello Stato di Diritto internazionale. Quello Stato di Diritto internazionale che si articola in decine di trattati che codificano i diritti umani storicamente conquistati con lotte nazionali e transnazionali spesso, per l'appunto, nonviolente.
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Sunday, March 23, 2014
dal Capitolo 2 di @operazionidigov, come @radicalparty ha sconfitto la Russia di Putin all'ONU
Fin dai tempi dell'Urss il Partito radicale aveva stretto rapporti con intellettuali e politici che coraggiosamente e pacificamente avevano manifestato il proprio dissenso al regime sovietico. Molti furono ad esempio i refusnik che riuscimmo a salvare dalle persecuzioni di un sistema che di lì a poco sarebbe scomparso. Alla caduta del Muro di Berlino i radicali furono tra i primi a occuparsi del futuro delle ex-repubbliche sovietiche e, di lì a poco, anche dei loro satelliti, primi fra tutti quelli nei Balcani.
Forte di una straordinaria campagna di iscrizioni che coinvolse oltre quarantamila mila persone e centinaia di parlamentari, all'inizio degli anni Novanta il Partito Radicale riuscì ad aprire uffici in una ventina di paesi dell'Europa dell'est e a raggiungere i propri iscritti e simpatizzanti con una pubblicazione, "Il Partito Nuovo" che veniva stampato in diciotto lingue. La novità di quel soggetto politico transnazionale e trans-partitico risiedeva nel voler coniugare la promozione di specifiche riforme costituzionali di chiaro stampo liberal-democratico a questioni più generali, come la necessità di abolire la pena di morte, per evitare che la giustizia sommaria, sempre in agguato in periodi di transizione, avesse il sopravvento sullo Stato di Diritto. Allo stesso tempo, sempre in quegli anni, si gettavano le basi per la creazione di una giurisdizione ad hoc che assicurasse i responsabili del conflitto jugoslavo a una giustizia che fosse giusta e imparziale. Per il Partito Radicale, il partito dello Stato di Diritto, il rispetto delle regole è sempre stato di fondamentale importanza tanto per gli amici quanto per gli avversari.
Nella primavera del 2000 si stava consumando l'ultimo capitolo di uno dei conflitti più drammatici e tragici – e mistificati - dell'Europa moderna, quello in Cecenia. A poco era valso l'accordo di pace di tre anni prima tra Mosca e Groznyj, dalla fine del 1999 nel Caucaso si sparava senza risparmiare la popolazione civile. Per quanto la Commissione europea, il Consiglio d'Europa e gli Usa fossero stati categorici nel denunciare le violazioni dei diritti umani nella regione, non fu possibile creare le condizioni politiche per la ricerca di una pace negoziata né, purtroppo, per evitare che decine di migliaia di civili, e fra questi moltissime donne e bambini, cadessero vittime della guerra.
Forte di una straordinaria campagna di iscrizioni che coinvolse oltre quarantamila mila persone e centinaia di parlamentari, all'inizio degli anni Novanta il Partito Radicale riuscì ad aprire uffici in una ventina di paesi dell'Europa dell'est e a raggiungere i propri iscritti e simpatizzanti con una pubblicazione, "Il Partito Nuovo" che veniva stampato in diciotto lingue. La novità di quel soggetto politico transnazionale e trans-partitico risiedeva nel voler coniugare la promozione di specifiche riforme costituzionali di chiaro stampo liberal-democratico a questioni più generali, come la necessità di abolire la pena di morte, per evitare che la giustizia sommaria, sempre in agguato in periodi di transizione, avesse il sopravvento sullo Stato di Diritto. Allo stesso tempo, sempre in quegli anni, si gettavano le basi per la creazione di una giurisdizione ad hoc che assicurasse i responsabili del conflitto jugoslavo a una giustizia che fosse giusta e imparziale. Per il Partito Radicale, il partito dello Stato di Diritto, il rispetto delle regole è sempre stato di fondamentale importanza tanto per gli amici quanto per gli avversari.
Nella primavera del 2000 si stava consumando l'ultimo capitolo di uno dei conflitti più drammatici e tragici – e mistificati - dell'Europa moderna, quello in Cecenia. A poco era valso l'accordo di pace di tre anni prima tra Mosca e Groznyj, dalla fine del 1999 nel Caucaso si sparava senza risparmiare la popolazione civile. Per quanto la Commissione europea, il Consiglio d'Europa e gli Usa fossero stati categorici nel denunciare le violazioni dei diritti umani nella regione, non fu possibile creare le condizioni politiche per la ricerca di una pace negoziata né, purtroppo, per evitare che decine di migliaia di civili, e fra questi moltissime donne e bambini, cadessero vittime della guerra.
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