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Fin
dai tempi dell'Urss il Partito radicale aveva stretto rapporti con
intellettuali e politici che coraggiosamente e pacificamente avevano
manifestato il proprio dissenso al regime sovietico. Molti furono ad
esempio i refusnik
che riuscimmo a salvare dalle persecuzioni di un sistema che di lì a
poco sarebbe scomparso. Alla caduta del Muro di Berlino i radicali
furono tra i primi a occuparsi del futuro delle ex-repubbliche
sovietiche e, di lì a poco, anche dei loro satelliti, primi fra
tutti quelli nei Balcani.
Forte
di una straordinaria campagna di iscrizioni che coinvolse oltre
quarantamila mila persone e centinaia di parlamentari, all'inizio
degli anni Novanta il Partito Radicale riuscì ad aprire uffici in
una ventina di paesi dell'Europa dell'est e a raggiungere i propri
iscritti e simpatizzanti con una pubblicazione, "Il Partito
Nuovo" che veniva stampato in diciotto lingue. La novità di
quel soggetto politico transnazionale e trans-partitico risiedeva nel
voler coniugare la promozione di specifiche riforme costituzionali di
chiaro stampo liberal-democratico a questioni più generali, come la
necessità di abolire la pena di morte, per evitare che la giustizia
sommaria, sempre in agguato in periodi di transizione, avesse il
sopravvento sullo Stato di Diritto. Allo stesso tempo, sempre in
quegli anni, si gettavano le basi per la creazione di una
giurisdizione ad
hoc che
assicurasse i responsabili del conflitto jugoslavo a una giustizia
che fosse giusta e imparziale. Per il Partito Radicale, il partito
dello Stato di Diritto, il rispetto delle regole è sempre stato di
fondamentale importanza tanto per gli amici quanto per gli avversari.
Nella
primavera del 2000 si stava consumando l'ultimo capitolo di uno dei
conflitti più drammatici e tragici – e mistificati - dell'Europa
moderna, quello in Cecenia. A poco era valso l'accordo di pace di tre
anni prima tra Mosca e Groznyj, dalla fine del 1999 nel Caucaso si
sparava senza risparmiare la popolazione civile. Per quanto la
Commissione europea, il Consiglio d'Europa e gli Usa fossero stati
categorici nel denunciare le violazioni dei diritti umani nella
regione, non fu possibile creare le condizioni politiche per la
ricerca di una pace negoziata né, purtroppo, per evitare che decine
di migliaia di civili, e fra questi moltissime donne e bambini,
cadessero vittime della guerra.
Per
non lasciare niente di intentato, consci dei rischi che ciò poteva
comportare, fu deciso di sostenere l'opera politica di quei pochi
ceceni che parevano aver fatto proprio lo slogan radicale "non
c'è pace senza giustizia". Il Partito Radicale decise di
invitare a Ginevra un parlamentare ceceno - eletto sotto la
supervisione dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione
in Europa nel 1997 - al fine di farlo entrare in contatto con la
comunità internazionale e proporre l'avvio di un negoziato di pace
da tenersi sotto l'egida di quelle organizzazioni regionali e
internazionali che si erano attivate sul conflitto caucasico.
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